Idee in tre dimensioni

Autore: Salvo Pellitteri. Sculture a tutto tondo, ritratti e bassorilievi in terracotta patinata. Opere realizzate a fronte di pensieri, sensazioni, emozioni. In una parola, idee. Le misure indicate (nell'ordine: larghezza max di ingombro, profondità e altezza) sono espresse in centimetri al netto di eventuali strutture portanti.

Donazione dell'opera "l'Infinito" al liceo classico ' F. Scaduto ' di Bagheria http://www.facebook.com/media/set/?set=a.3944637785030.2162353.1552582958&type=3
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TANTO PER INTENDERCI......OGNI OPERA E' UN ESEMPLARE UNICO

Le opere raffigurate non sono assolutamente in vendita. Con eventuali interessati ad un acquisto posso convenire la realizzazione di un'opera ad hoc.

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Cerco una modella che mi possa ispirare tante idee.....

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    • ►  maggio (1)
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Idee di prossima realizzazione


Il muro
Il pendolo
Sotto radice
Scomposizione
Eva ovvero oltre il guscio, dedicata a Margherita Hack
Le parentesi
Le Ninfe del Fuoco


Eventi

Donazioni

COSI' HANNO SCRITTO

Tommaso Romano:

Salvo Pellitteri ci richiama al ritorno al reale con le sue opere scultoree degne di essere annoverate fra quelle che segnano, finalmente, il senso profondo della rinascita dell’arte dopo il nichilismo e l’apologia del provvisorio e dell’orrido elevati a categorie vitalistiche e quindi moderne.
In realtà la questione della rappresentazione è molto complessa per i fanatici del minimalismo e del falso concettuale, schiera a cui è estraneo, fortunatamente, Pellitteri, che usa e manipola i materiali più diversi con abile maestria e sempre tenendo ben in conto la necessaria leggibilità e profondità che l’opera pensata e compiuta deve suscitare come stupore ed epifania in un concerto di sensazioni e di valori che ci portano alla bellezza, non al puro individualistico soggettivismo.
La padronanza tecnica si uniscono nell’artista alla poetica dei manufatti che sprigionano voci all’anima in contemplante e dialogante visione. Non sfugge a Pellitteri il dato della necessaria riconoscibilità che l’opera d’arte deve saper proporre per sedurre oltre che interesssare.
I risultati complessivi del suo fervido lavoro sono sempre sorprendenti e la plasticità riesce ad evocare e ad attrarre diventando così un unicum che fa dell’ irripetibilità il segno forte e non transeunte di questo artista completo, autentico e pensoso umanista oltre che versatile artista come pochi nel panorama affollato ma in realtà asfittico dell’arte contemporanea. E’ quindi da salutare come evento ogni possibiltà di fruizione che Salvo Pellitteri riesce magistralmente a donarci.


Autobiografia

Mi sono scoperto artista per caso. Se escludo la fase infantile in cui mi piaceva disegnare con le matite colorate e con gli acquerelli e poi l'età adolescenziale in cui più o meno tutti diventiamo poeti, la mia vita è stata dominata da una evidente, marcata e quasi esclusiva passione per le scienze e per la tecnica.

Ho fatto i miei studi superiori in un istituto tecnico industriale col preciso scopo di diventare un perito chimico e all'epoca, fine anni '60, il mio sogno era quello di venire assunto da un'industria. Non mi interessava altro. Non pensavo neanche alla laurea.

Poi, vuoi perchè non era così facile neanche a quei tempi trovare lavoro, vuoi perchè i miei familiari mi hanno incoraggiato ad iscrivermi all'università, mi sono trovato a frequentare un corso di laurea in scienze biologiche e così, esame dopo esame, arrivai alla laurea.

Ero già fidanzato con Lia, poi divenuta mia moglie, e frequentando la casa di lei ebbi molto a che fare con suo padre, insegnante di matematica in una scuola media, il quale riuscì a farmi sviluppare una vera e propria passione per la matematica mai minimamente ipotizzata prima.

Sui banchi di scuola media avevo odiato a morte quella materia. Sicuramente gran parte della colpa l'ha avuto la mia professoressa della scuola media, pace all'anima sua, ma con mio suocero era tutto diverso! Mi insegnò il piacere della scoperta e fu così che, una volta laureato e andato a monte il progetto di aprire un laboratorio di analisi cliniche, mi inserii nel mondo della scuola media come docente di matematica e scienze.

La cosa strana era che esigevo dai miei alunni molto di più per la matematica che non per le scienze. La matematica mi emozionava! E forse perchè l'avevo studiata male a suo tempo, mi piaceva scoprire i suoi lati più sottili!

Ma cosa c'entra la matematica con l'arte?

Quando nel '95 mio padre, Giuseppe Pellitteri, scultore da una vita, fece una mostra delle sue opere, un amico di famiglia chiese a me se qualcuno dei figli avesse continuato le orme paterne - nessuno - e che mestiere facessi io: "tutt'altra cosa completamente, io risposi, faccio il professore di matematica!" Consideravo l'arte e la scienza esatta due cose opposte!

Nutrivo anche una forte passione per la fotografia e se da un lato vedevo nella fotocamera solo uno strumento tecnico dall'altro cominciavo a scoprirmi interessato alla composizione dell'immagine nei suoi particolari, in quel misterioso mondo di equilibri di luci, colori, forme, espressioni, impressioni ed emozioni!

Quello che si potrebbe dire il confine tra il razionale e l'irrazionale, ed ecco come lì la matematica interviene a contenere tutto!

Ed è su questi presupposti che nasce l’idea dell’opera “Ragione e Passione” dove il concetto di antagonismo tra due sentimenti va a collimare con la funzione matematica dell’iperbole in cui il “bisticcio” tra x e y, controllato dalla costanza del loro prodotto, fa sì che all’aumentare dell’una diminuisca l’altra così come avviene per tutti noi ogni giorno nella relazione tra la Ragione e la Passione. Non a caso le due figure assumono la configurazione di una verosimile iperbole.

E sempre appoggiandomi a concetti matematici arrivo a materializzare l’idea del limite come la tendenza a raggiungere un obiettivo senza mai riuscirci nonostante gli evidenti sforzi di tensione muscolare cui si sottopone la figura dell’omonima opera. A questo punto mi sento aprire uno sconfinato campo di indagine in cui posso andare a dar “corpo e sentimento” a tanti concetti matematici.

Ma il mio rapporto con l’arte comincia in tutt’altro modo: col ritratto.

Alla fine del '95 mio padre eseguì un ritratto in argilla a mia figlia e io stavo lì a guardare quelle mani che plasmavano la creta e le conferivano vitalità. Ricordo molto bene quei momenti quando, ad un tratto, guardando mio padre al lavoro mi sentii spinto a provarci anch'io!

Ci provai e, con mia grande sorpresa, ci riuscii: ritrassi mio figlio Marco. Al che pensai subito a ritrarre mio padre stesso. Lui che aveva eseguito ritratti a tanta gente e mai nessuno ne aveva fatto uno a lui!

Poi fu la volta di tanti parenti ed amici ed ogni volta mi meravigliavo di come potessi riuscire a ritrarre le sembianze di quella persona reale che mi stava accanto. Mentre plasmavo la creta, con un occhio al modello ed uno al ritratto, avevo e tutt'ora ho la sensazione di avere quattro mani: due (reali) che plasmano la creta e altre due (immaginarie) che sondano i lineamenti della persona, alla maniera dei ciechi.

Sto usando termini da matematica dei numeri complessi.

Ma il mio sogno era la figura umana nella sua totalità. E come era solito fare mio padre anch’io ho diretto le mie attenzioni verso il nudo femminile. Lui diceva: cosa c'è di più bello al mondo del corpo di una donna?

Per me la donna esprime l'intera umanità, con tutte le sue caratteristiche fisiche ed emozionali! Ed io ritraggo donne mentre esprimono emozioni e sentimenti.

Con l'argilla realizzo i soli corpi, contrariamente a come faceva mio padre, senza basamenti o sostegni. Per quelli utilizzo materiali diversi, dal legno al ferro e ad altri, e riservo ai corpi umani l'argilla che considero materia nobile.


IL RITRATTO: TECNICA E POSA

La tecnica.

In via preventiva preparo un abbozzo in argilla di consistenza leggermente superiore alla norma per avere uno scheletro dalla stabilità affidabile. L'abbozzo è internamente vuoto, di spessore inizialmente variabile intorno ai 3 - 4 cm. E' indispensabile che esso riporti in linea di massima le dimensioni reali del modello e le sue caratteristiche più evidenti (forma della testa, chioma e collo) inoltre, se si tratta di una donna, anche una parte del torace ad altezza opportunamente condivisa.
Obiettivo principale di un ritratto è ovviamente la rassomiglianza con il soggetto.
La prima fase della realizzazione dell'opera consiste nel definire approssimativamente i lineamenti del volto; con argilla morbida abbozzare naso, bocca, guance, fronte e collo, valorizzando le peculiarità del volto al fine ottenere la somiglianza.
Nella seconda fase vado a definire i particolari del viso e realizzo orecchie ed occhi.
Terza fase: dopo aver lasciato indurire leggermente la superficie all'aria metto l'opera in orizzontale e procedo alla sua svuotatura con l'eliminazione degli eccessi di argilla regolando lo spessore medio dell'opera intorno ai 2 cm. La suddetta operazione nella testa la realizzo operando un taglio della massa all'altezza della nuca, quindi regolo lo spessore dell'argilla nelle varie zone e successivamente riattacco la nuca al suo posto dopo aver inumidito a puntino le parti. Un ritocco finale e l'opera viene lasciata definitivamente ad asciugare all'aria. Solo quando è ben secca la porto alla fornace per materiali refrattari e la faccio cuocere.
Ultima fase. Una volta cotta l'opera assume rigidità e resistenza. Spesso eseguo una patinatura a base di colori e colla vinilica. Una tonalità cromatica diversa la riservo talvolta alla chioma.

La posa.

L'esecuzione di un ritratto avviene, di norma, in quattro pose da un'ora ciascuna circa.
Il soggetto viene invitato a sedersi su apposita sedia girevole e scansito da ogni angolatura.
E' importante per me che la persona da ritrarre si senta a suo agio e non le sia di peso assumere una determinata posizione condivisa in partenza. Facciamo diverse pause per evitare al soggetto il senso di stanchezza e per riposarmi gli occhi. Durante l'esecuzione scambiamo tante parole come si è soliti fare dal barbiere o dal parrucchiere proprio per sciogliere la tensione iniziale e ottenere dal soggetto un'espressione che sia la più naturale possibile.

IL NUDO: MOTIVAZIONE, TECNICA E POSA


La motivazione.

Perchè il nudo? Il corpo umano nudo, con la tensione o con la rilassatezza di determinati muscoli, esprime sensazioni ed emozioni; ciò che costituisce proprio il mio obiettivo primario. Qualsiasi copertura totale o solo parziale del corpo limiterebbe notevolmente l'espressività dello stesso riducendo l'atto della
realizzazione ad uno sterile lavoro di drappeggio dove una piega in più o in meno o diversamente riprodotta non comporterebbe alcuna variazione nella riuscita dell'opera (vedi statue della Madonna o di Padre Pio). Tutt'altra cosa quando i muscoli sono in vista (ad esempio nel Cristo in croce). Guai a commettere errori lì! Si rischia il falso anatomico o l'inespressività o, peggio ancora, la comparsa di effetti indesiderati.

La tecnica.

Le opere di nudo, siano esse a tutto tondo o bassorilievi, non sono mai realizzate a grandezza naturale per via dell'ingombro che comporterebbe una serie di problemi di trasporto e collocazione ma anche di realizzazione che preferisco evitare. Le dimensioni che prediligo sono quelle nel rapporto 1:2 ovvero con misure a metà di quelle reali, tuttavia spesso ho realizzato opere in scala ancora più ridotta e solo una volta, nell'opera "Volley" ho usato misure reali ma in compenso lì la figura è tagliata all'inguine.
Considerate le misure normalmente ridotte, è pressochè impossibile operare la rimozione dell'argilla superflua all'interno dell'opera per cui utilizzo una tecnica già sperimentata con successo da mio padre consistente nel creare uno scheletro interno di cartone attorno a cui depositare l'argilla per la definizione delle varie parti somatiche. Una volta completata l'opera, in fase di cottura il cartone interno subisce l'incenerimento.
Come ho avuto modo di anticipare nella sezione "autobiografia", realizzo le mie opere senza basamenti o sostegni, peraltro necessari alla stabilità statica dell'opera stessa e che tuttavia preferisco ottenere in altri modi con altri materiali riservando all'argilla uno status di sostanza "nobile" destinata alla raffigurazione esclusiva del corpo umano.

La posa.

Con la modella instauro un rapporto di intensa comunicatività e reciproca fiducia. Se la persona in questione non è una professionista, è normale che all'inizio essa dimostri un evidente senso di imbarazzo e di pudore. Ciò si deve principalmente al fatto che lo svestirsi conduce inevitabilmente ad una sensazione di smarrimento per assenza di barriere difensive e per superare questo delicato momento mi adopero nel mettere a proprio agio la modella esponendole l'obiettivo che mi sono proposto di realizzare e studiando insieme a lei la posizione più consona ancorchè scomoda. Voglio che il suo corpo manifesti in maniera chiara e decisa le sensazioni che deve esprimere secondo la mia idea. E intanto le parlo, le spiego la tecnica e le esperienze fatte.
Il mio messaggio di incoraggiamento e di chiarificazione per la modella alla prima esperienza: "ti scopri col tuo innamorato per essere amata, col tuo medico per essere curata, col tuo artista per essere immortalata!".
Non è necessario che si svesta totalmente. Almeno non subito. Mi basta che mostri quella parte anatomica che mi occorre studiare al momento. Mi piace complimentarmi del suo fisico cui cerco di imprimere la mia idea e da cui inevitabilmente traggo ispirazione. Dopodichè non lascio nulla al caso; ogni parte del suo corpo deve gridare espressività. Ed io con le mani imbrattate di argilla ne celebro l'immortalità.
Contrariamente alla realizzazione di un ritratto, nell'opera di nudo, per ovvi motivi, non riproduco le sembianze fisionomiche della modella a meno che non sia lei stessa a volerlo.
Non ho mai fatto ricorso a modelle professioniste. Ho sempre fruito della collaborazione di amiche e parenti a cui, per riconoscenza, ho fatto dono di un ritratto a grandezza naturale.

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