e sei rimasta spoglia.
Ora non hai più nulla...
chiedi...e sarai gratificata.
Autore: Salvo Pellitteri. Sculture a tutto tondo, ritratti e bassorilievi in terracotta patinata. Opere realizzate a fronte di pensieri, sensazioni, emozioni. In una parola, idee. Le misure indicate (nell'ordine: larghezza max di ingombro, profondità e altezza) sono espresse in centimetri al netto di eventuali strutture portanti.
Mi sono scoperto artista per caso. Se escludo la fase infantile in cui mi piaceva disegnare con le matite colorate e con gli acquerelli e poi l'età adolescenziale in cui più o meno tutti diventiamo poeti, la mia vita è stata dominata da una evidente, marcata e quasi esclusiva passione per le scienze e per la tecnica.
Ho fatto i miei studi superiori in un istituto tecnico industriale col preciso scopo di diventare un perito chimico e all'epoca, fine anni '60, il mio sogno era quello di venire assunto da un'industria. Non mi interessava altro. Non pensavo neanche alla laurea.
Poi, vuoi perchè non era così facile neanche a quei tempi trovare lavoro, vuoi perchè i miei familiari mi hanno incoraggiato ad iscrivermi all'università, mi sono trovato a frequentare un corso di laurea in scienze biologiche e così, esame dopo esame, arrivai alla laurea.
Ero già fidanzato con Lia, poi divenuta mia moglie, e frequentando la casa di lei ebbi molto a che fare con suo padre, insegnante di matematica in una scuola media, il quale riuscì a farmi sviluppare una vera e propria passione per la matematica mai minimamente ipotizzata prima.
Sui banchi di scuola media avevo odiato a morte quella materia. Sicuramente gran parte della colpa l'ha avuto la mia professoressa della scuola media, pace all'anima sua, ma con mio suocero era tutto diverso! Mi insegnò il piacere della scoperta e fu così che, una volta laureato e andato a monte il progetto di aprire un laboratorio di analisi cliniche, mi inserii nel mondo della scuola media come docente di matematica e scienze.
La cosa strana era che esigevo dai miei alunni molto di più per la matematica che non per le scienze. La matematica mi emozionava! E forse perchè l'avevo studiata male a suo tempo, mi piaceva scoprire i suoi lati più sottili!
Ma cosa c'entra la matematica con l'arte?
Quando nel '95 mio padre, Giuseppe Pellitteri, scultore da una vita, fece una mostra delle sue opere, un amico di famiglia chiese a me se qualcuno dei figli avesse continuato le orme paterne - nessuno - e che mestiere facessi io: "tutt'altra cosa completamente, io risposi, faccio il professore di matematica!" Consideravo l'arte e la scienza esatta due cose opposte!
Nutrivo anche una forte passione per la fotografia e se da un lato vedevo nella fotocamera solo uno strumento tecnico dall'altro cominciavo a scoprirmi interessato alla composizione dell'immagine nei suoi particolari, in quel misterioso mondo di equilibri di luci, colori, forme, espressioni, impressioni ed emozioni!
Quello che si potrebbe dire il confine tra il razionale e l'irrazionale, ed ecco come lì la matematica interviene a contenere tutto!
Ed è su questi presupposti che nasce l’idea dell’opera “Ragione e Passione” dove il concetto di antagonismo tra due sentimenti va a collimare con la funzione matematica dell’iperbole in cui il “bisticcio” tra x e y, controllato dalla costanza del loro prodotto, fa sì che all’aumentare dell’una diminuisca l’altra così come avviene per tutti noi ogni giorno nella relazione tra la Ragione e la Passione. Non a caso le due figure assumono la configurazione di una verosimile iperbole.
E sempre appoggiandomi a concetti matematici arrivo a materializzare l’idea del limite come la tendenza a raggiungere un obiettivo senza mai riuscirci nonostante gli evidenti sforzi di tensione muscolare cui si sottopone la figura dell’omonima opera. A questo punto mi sento aprire uno sconfinato campo di indagine in cui posso andare a dar “corpo e sentimento” a tanti concetti matematici.
Ma il mio rapporto con l’arte comincia in tutt’altro modo: col ritratto.
Alla fine del '95 mio padre eseguì un ritratto in argilla a mia figlia e io stavo lì a guardare quelle mani che plasmavano la creta e le conferivano vitalità. Ricordo molto bene quei momenti quando, ad un tratto, guardando mio padre al lavoro mi sentii spinto a provarci anch'io!
Ci provai e, con mia grande sorpresa, ci riuscii: ritrassi mio figlio Marco. Al che pensai subito a ritrarre mio padre stesso. Lui che aveva eseguito ritratti a tanta gente e mai nessuno ne aveva fatto uno a lui!
Poi fu la volta di tanti parenti ed amici ed ogni volta mi meravigliavo di come potessi riuscire a ritrarre le sembianze di quella persona reale che mi stava accanto. Mentre plasmavo la creta, con un occhio al modello ed uno al ritratto, avevo e tutt'ora ho la sensazione di avere quattro mani: due (reali) che plasmano la creta e altre due (immaginarie) che sondano i lineamenti della persona, alla maniera dei ciechi.
Sto usando termini da matematica dei numeri complessi.
Ma il mio sogno era la figura umana nella sua totalità. E come era solito fare mio padre anch’io ho diretto le mie attenzioni verso il nudo femminile. Lui diceva: cosa c'è di più bello al mondo del corpo di una donna?
Per me la donna esprime l'intera umanità, con tutte le sue caratteristiche fisiche ed emozionali! Ed io ritraggo donne mentre esprimono emozioni e sentimenti.
Con l'argilla realizzo i soli corpi, contrariamente a come faceva mio padre, senza basamenti o sostegni. Per quelli utilizzo materiali diversi, dal legno al ferro e ad altri, e riservo ai corpi umani l'argilla che considero materia nobile.
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